21 febbraio 2018 – CDT

Negli ultimi tempi si parla molto di invecchiamento della popolazione e di denatalità, cioè del fenomeno della diminuzione delle nascite. In occidente, in generale, il saldo naturale è negativo: il numero delle nascite non compensa più il numero dei decessi. In Svizzera, ma non solo, la popolazione aumenta solo grazie (qualcuno dirà, a causa) dell’immigrazione.

Uno dei problemi che questo andamento creerà in un futuro non molto lontano è quello del finanziamento delle pensioni: ci saranno troppo poche persone in età lavorativa per riuscire a versare le pensioni alle sempre più numerose persone in avanzata età e alcuni sostengono quindi che saranno i migranti a pagarci le pensioni. In Italia il potenziale prossimo premier Luigi Di Maio dice che preferisce aiutare gli italiani piuttosto che «rassegnarsi» all’immigrazione; in quale modo, dico io, non si sa; il leader del M5S ha detto che secondo lui il calo demografico tra i cittadini italiani non deve essere una ragione per favorire l’immigrazione. Già, ma proposte in merito?

Nell’editoriale del CdT del 16 febbraio scorso, Giancarlo Dillena parlando di migrazioni scrive fra l’altro: «È tutta una società che rischia di correre verso la lenta dissoluzione senza un rilancio demografico (di cui, alla prova dei fatti, sono gli immigrati i principali portatori)».

Ma mi dico io, non ci sono altre soluzioni, oltre all’immigrazione, per ovviare, almeno parzialmente, al problema?

Ebbene, occorre sapere che, per esempio in Italia, ogni mille nati ci sono 185 interruzioni di gravidanza e nel Centro si arriva a 211. E che in Svizzera nel 2016, ci sono stati 10.256 aborti!

Di Maio dice che preferisce aiutare gli italiani piuttosto che rassegnarsi all’immigrazione: un buon modo per aiutare le mamme europee a far crescere il tasso di natalità potrebbe essere proprio quello di aiutarle maggiormente in caso di gravidanza «imprevista» cercando di ridurre il numero degli aborti.

L’impressione è, invece, che non si faccia molto, o comunque non abbastanza, per evitare quanto più possibile il ricorso l’interruzione di gravidanza. Per fare un esempio, l’Associazione culturale pediatri italiana ha recentemente pubblicato un rapporto intitolato «Denatalità: cause, conseguenze e possibili rimedi».

Già, possibili rimedi; beh, meno aborti vorrebbe dire più nascite, ma ci volete credere che in tre pagine di rapporto non figura la parola aborto?

Il fatto che l’interruzione di gravidanza, entro i limiti imposti dalla legge, sia legale e sia quindi diventato un «diritto» non significa per nulla che sia un evento da prendere alla leggera; le donne che abortiscono possono, in seguito, andare incontro a problemi psichici e psicosomatici non indifferenti. Ci sono associazioni come mamma.ch o asmb.ch che si impegnano ad assistere le donne confrontate con una gravidanza non voluta e, se possibile, ad evitare il ricorso all’interruzione della gravidanza: un maggiore aiuto, anche da parte dell’ente pubblico, a questo tipo di associazioni potrebbe aiutare a ridurre il numero degli aborti con conseguente miglioramento del tasso di natalità. Certo non si risolverebbe il problema, ma sarebbe un contributo al miglioramento della situazione.

Edo Pellegrini, presidente UDF Ticino